CHRONOS – The obsidian route in the central Mediterranean: diaCHRONic pathways and cultural connectiOnS
La circolazione dell’ossidiana e dei manufatti realizzati con questo vetro vulcanico è un tema che ha attirato a lungo l’attenzione degli studiosi. Fino ad oggi i principali sforzi sono stati fatti nell’affinare le tecniche per il riconoscimento della provenienza dell’ossidiana attraverso lo studio della sua composizione chimica. Per la Penisola italiana le principali fonti d’approvvigionamento di questa materia prima sono insulari e conosciute da tempo (Lipari, Palmarola, Pantelleria, Monte Arci) e conosciuta è anche la cronologia in cui ebbe inizio il loro sfruttamento da parte dell’uomo e le rispettive aree di diffusione dei manufatti provenienti dalle diverse sorgenti. Tuttavia, uno sforzo per modellizzare le modalità e l’organizzazione dello sfruttamento di questa materia prima e la tipologia di relazione tra i siti coinvolti nella distribuzione e circolazione, ancora manca. Rimangono molti aspetti quindi ancora da chiarire:
- Di che tipo di reti di circolazione stiamo parlando? L’ossidiana si muoveva dalle isole verso il continente in quali forme? Esistono siti responsabili della re-distribuzione dell’ossidiana? E soprattutto esistono delle cronologie differenziate per l’inizio dei flussi di ossidiana dalle diverse fonti insulari al continente?
- Quali catene produttive erano applicate all’ossidiana, dove e con quali tecniche di scheggiatura i manufatti erano prodotti? Si tratta di processi riconducibili all’attività di specialisti o la scheggiatura dell’ossidiana era svolta in maniera indipendente e differente in ciascun sito ricettore?
- Le ossidiane che circolavano avevano un valore funzionale o simbolico? Trattandosi di complessi spesso numericamente assai ridotti rispetto alle industrie in selce, è legittimo domandarsi se le ossidiane venissero utilizzate per le medesime attività della selce o se esistesse una diversa destinazione funzionale propria dell’ossidiana. Oppure, si tratta di manufatti privi di un valore funzionale? In alcuni casi l’ossidiana è stata definita “l’oro nero” della Preistoria. Certo è che la sua natura vetrosa le conferisce una fragilità particolare, ma anche la possibilità di ricavarne margini taglienti ed affilati come bisturi.
Queste domande possono trovare una soluzione se si affronta lo studio delle ossidiane da un punto di vista olistico, tralasciando letture basate unicamente sulla provenienza del materiale e le aree culturali di ricezione. All’interno del programma CHRONOS si intende rispondere a queste domande attraverso quattro assi metodologici:
- Aggiornare i dati di provenienza realizzando analisi sistematiche con metodologie scientifiche sul totale dei manufatti raccolti nei diversi siti e non più a campione. Fino ad oggi è stato analizzato solo un numero limitato di manufatti rispetto al totale di quelli rinvenuti nei vari siti.
- Eseguire nuove datazioni radiometriche AMS dei contesti archeologici con ossidiane in modo da stabilire una cronologia più precisa dei flussi.
- Incrociare i dati di provenienza con una lettura tecnologica basata sul concetto di catena operativa. Ricostruire quindi quante e quali catene operative sono state realizzate in ciascun sito, capire se si tratti di processi di produzione completi o meno e quali fasi della produzione siano rappresentate in loco. In questo modo si potrà anche capire in quali modalità circolasse l’ossidiana nel tempo: noduli grezzi? Preforme semilavorate? Nuclei pronti al debitage? Prodotti finiti?
- Sviluppare un protocollo di analisi per comprendere la destinazione funzionale degli strumenti in ossidiana. Quante e quali tra queste evidenziano tracce d’usura; avanzare ipotesi circa modalità d’uso.
- Creare un dataset unico, che permetta di sistematizzare i dati presenti in letteratura, fino ad oggi estremamente diseguali. Solo in tale modo sarà possibile dare coerenza ai dati raccolti e proporre nuovi modelli circa i meccanismi di diffusione e consumo dell’ossidiana.
Il progetto CHRONOS, finanziato nell’ambito del programma PRIN2022, è condotto in collaborazione tra l’Università di Pisa e l’Università di Cagliari. All’Unità di Pisa, capofila del progetto, afferisce anche l’Università di Genova. Il progetto intende dare continuità alla ricerca del collega C. Lugliè dell’Università di Cagliari, purtroppo tragicamente scomparso all’avvio del progetto di cui era P.I., raccoglierne e onorarne la memoria.
Contatto: Elisabetta Starnini